Regno Unito: patti parasociali e buona fede

Gli azionisti di minoranza possono provare di aver subito un danno per violazione dell’obbligo di buona fede da parte di altri azionisti, sempre che tale obbligo sia espressamente previsto. Il recente caso Faulkner & Ors contro Collin Holdings Ltd & Ors ha infatti messo in luce che la previsione di un obbligo espresso di buona fede può essere determinante nelle controversie tra gli azionisti.

Il giudice ha ritenuto che gli azionisti di minoranza erano stati ingiustamente danneggiati (in contrasto con la sezione 994 del Companies Act 2006) dagli azionisti di maggioranza che avevano, tra l’altro, escluso i due amministratori fondatori dalla gestione della società. Ciò a dispetto del fatto che sia lo Shareholders Agreement che gli Articles of Association prevedessero specifiche clausole aventi lo scopo di proteggere gli interessi e la posizione dei soci fondatori nel Consiglio.

In particolare, i giudici richiamano la disposizione a norma della quale “Ogni azionista si impegna nei confronti degli altri azionisti e della società ad agire sempre in buona fede in tutti i rapporti con gli altri azionisti e con la società in relazione alle questioni contenute nel presente accordo”. È stata questa clausola, in combinazione con un’altra che faceva divieto di rimuovere dalla loro carica di amministratori gli azionisti di minoranza, che ha portato i giudici a ritenere sussistente nel caso in esame un danno nei confronti dei due amministratori.

Nel considerare la difesa delle parti, il giudice si è concentrato sul requisito della buona fede, ritenendo che quanto concordato dalle parti rispondeva all’esigenza di “mantenere un accettabile equilibrio di potere tra gli azionisti esistenti e quelli nuovi”. Si trattava dunque di accordi finalizzati ad assicurare che la posizione della minoranza fosse protetta dal potere – altrimenti illimitato – degli azionisti investitori di controllare la società. Il summenzionato obbligo viene inteso come dovere di prendere in considerazione gli interessi dell’altra parte allo stesso modo dei propri. Fermo restando che secondo il Companies Act – come continuano i giudici – gli amministratori avevano il potere di rimuovere gli amministratori fondatori di minoranza, essi dovevano esercitare quel potere in linea con il loro obbligo di buona fede; non avendo adempiuto a tale obbligo si sono resi responsabili nei confronti degli azionisti fondatori.

Questa decisione riporta dunque l’attenzione sull’importanza di includere espressamente un obbligo di buona fede in capo agli amministratori.

Redazione