Regno Unito e Unione Europea: concorrenza fiscale post-Brexit

Prima della firma dell’Accordo commerciale e di cooperazione tra Regno Unito ed Unione Europea (TCA), si temeva che il Regno Unito potesse diventare un paradiso fiscale che offriva aliquote fiscali aggressivamente più basse rispetto ai paesi dell’UE, insieme a incentivi fiscali per incoraggiare gli affari nel Regno Unito.

In base alle disposizioni del TCA relative ai “controlli sulle sovvenzioni” (ovvero gli aiuti di stato), il Regno Unito si vincola a regole equivalenti a quelle in vigore nell’Unione Europea. Tali disposizioni impediscono al Regno Unito di poter offrire un’intera gamma di incentivi mirati ad attirare affari nel Regno Unito. Il Regno Unito rimane, tuttavia, libero di determinare l’aliquota dell’imposta sulle società, la quale sta aumentando al 25%.

Nell’ambito del TCA, sia il Regno Unito che l’UE hanno concordato di mantenere gli standard dell’OCSE nell’ambito della trasparenza fiscale ed alcune delle azioni previste dall’OCSE sull’erosione della base e sul trasferimento degli utili (BEPS). In particolare, le ultime riguardano le norme in materia di vincoli alla deducibilità degli interessi societari, anti-hybrid mismatch e società estere controllate. Le parti hanno, inoltre, convenuto di sostenere i principi di buona governance fiscale definiti dal capitolo 5 del TCA, sebbene non sia ancora chiaro come ciò sara’ attuato nella pratica.

Sembra chiaro che, nel breve termine, ci sono poche possibilità che Londra si trasformi in un paradiso fiscale. Se il Regno Unito dovesse intraprendere azioni come l’abolizione delle regole sulle dichiarazioni fiscali, potrebbe, potenzialmente, essere inserito nell’elenco delle giurisdizioni non cooperative dell’Unione Europea.

Il Regno Unito non fa più parte del sistema IVA dell’UE, essendo adesso libero di apportare modifiche alla normativa interna sull’IVA. Si prevede che nel medio-lungo termine le norme IVA del Regno Unito divergeranno da quelle dell’UE. Fondamentalmente, il Regno Unito è ora libero di fissare la propria aliquota IVA, non essendo piu’ vincolato a mantenere un’aliquota standard pari ad almeno il 15% o un’aliquota ridotta pari ad almeno il 5%. L’attuale tasso standard del Regno Unito è del 20%

Il Regno Unito, in genere, non applica ritenute alla fonte ai pagamenti di dividendi ai sensi della legislazione fiscale nazionale, con l’unica eccezione relativa alla distribuzione degli utili da parte di fondi di investimento immobiliare. I dividendi possono essere pagati al lordo da una società britannica, indipendentemente dal fatto che l’azionista beneficiario sia residente nel Regno Unito o meno (anche se residente in un paradiso fiscale), senza la necessità di fare affidamento su un accordo sulla doppia imposizione.

Fino alla fine del periodo di transizione, il Regno Unito ha aderito alla Direttiva UE sulle società madri/figlie che consentiva il pagamento dei dividendi lordi tra gli Stati membri dell’UE (e la Svizzera) laddove, in generale, le società fossero associate. Ciò significava che, a determinate condizioni, ai sensi della direttiva, una controllata non britannica poteva pagare dividendi alla sua società madre britannica senza subire ritenute alla fonte locali sui dividendi.

Sebbene il beneficio della direttiva non sia più disponibile per le società residenti nel Regno Unito, molti degli accordi sulla doppia imposizione di cui il Regno Unito è parte riducono a zero il livello delle ritenute alla fonte sui dividendi (l’accordo Regno Unito/Svizzera, ad esempio). Tuttavia, in base ad alcuni accordi verrà comunque addebitata una ritenuta alla fonte, poiché tali accordi tra Regno Unito e il paese della società che paga i dividendi non riducono a zero la ritenuta alla fonte. È il caso degli accordi Regno Unito/Germania e Regno Unito/Italia, che consentono entrambi una ritenuta alla fonte del 5% sul pagamento di un dividendo a una società britannica che detenga almeno il 10% delle azioni.

Ai sensi della Direttiva UE su interessi e royalties, i pagamenti di interessi e royalties tra società residenti in diversi Stati membri dell’UE possono essere effettuati senza ritenuta alla fonte. Anche se il Regno Unito non è più parte di questa direttiva, le disposizioni sono state incorporate nel diritto britannico e sono ancora in vigore. Tuttavia, nel recente Budget è stato annunciato che tali disposizioni sarebbero state abrogate per i pagamenti effettuati a partire dal 1° giugno 2021.

Ciò significa che da tale data, una società del Regno Unito che effettua il pagamento di interessi e determinate royalties a una società dell’UE sarà obbligata a trattenere l’imposta sul reddito all’aliquota del 20%, a meno che non sia disponibile un’aliquota inferiore o pari a zero ai sensi di un accordo sulla doppia imposizione. La maggior parte degli accordi sulla doppia imposizione del Regno Unito riduce a zero la ritenuta alla fonte su interessi e royalties, ma non è sempre questo il caso. Ad esempio, sui pagamenti effettuati dal Regno Unito alla Lettonia, al Portogallo e alla Romania verrà applicata una ritenuta del 10%.

In conclusione, il Regno Unito è limitato dal TCA specificamente in relazione a questioni come i controlli sugli aiuti di stato e gli standard BEPS dell’OCSE. Tuttavia, al di fuori delle restrizioni del TCA, il Regno Unito è in grado di rendere il proprio regime fiscale più competitivo rispetto a quello di altri paesi dell’Unione Europea, riducendo sia l’aliquota dell’imposta sulle società che l’aliquota IVA.

E’ probabile, tuttavia, che tali riduzioni fiscali non rimangano altro che un obiettivo a lungo termine a causa della necessità di far fronte ai continui costi scaturiti dalla pandemia di COVID-19.

Redazione